British Antartic Survey Halley VI

Questa costruzione modulare, risultato degli esiti di un concorso di progettazione internazionale indetto dalla British Antarctic Survey (BAS) e dal Royal Institute of British Architects (RIBA) del 2004, è stata ideata dallo studio Hugh Broughton Architects e dalla società di ingegneria AECOM.
Date le estreme condizioni ambientali del sito, con temperature che possono arrivare a quasi sessanta gradi sotto zero e con venti di oltre 150 km/h, gli aspetti da tenere in considerazione sono stati molteplici. A questo va aggiunto il fatto che la piattaforma di ghiaccio, spessa 150 m, si muove di 400 metri all’anno verso il mare, con la neve che sale di un metro nello stesso arco di tempo. I rischi che la base di ricerca diventasse inagibile o addirittura irrecuperabile erano pertanto concreti. Dal punto di vista progettuale ed esecutivo, è stata così adottata una serie di accorgimenti che garantissero la sicurezza e il comfort degli occupanti (16 scienziati in inverno e fino a 52 in estate).
L’importo stanziato per tale opera è stato pari a 22 milioni di sterline, per un periodo di costruzione che è andato dal 2006 al 2012 (a causa di una finestra temporale utilizzabile di sole nove settimane per ogni anno). La struttura consta di sette moduli standard, di colore blu e del peso di 80 t ognuno, e di un modulo a doppia altezza, di colore rosso e peso pari a 180 tonnellate. I moduli standard sono adibiti a contenere le strumentazioni scientifiche, gli alloggi per il personale e i sistemi per la produzione di energia.
Il modulo a doppia altezza, invece, si occupa di fornire tutto quello che serve per il sostentamento dei ricercatori e per le attività ricreative, indispensabili quando si vive per periodi così lunghi in luoghi isolati e in condizioni climatiche estreme. Il collegamento tra i vari elementi avviene tramite corridoi a soffietto coibentati.
La particolarità più evidente dell’intero complesso di ricerca è costituita da una serie di sostegni idraulici collegati a degli enormi sci. In questo modo, man mano che la neve sale di quota, i singoli moduli sono capaci di “arrampicarsi” su di essa, evitando così di rimanerne sommersi o intrappolati. Inoltre, se necessario, la base di ricerca può essere trasferita, con i moduli che possono essere abbassati sugli sci e trascinati come slitte da bulldozer.

LA STRUTTURA PORTANTE

La struttura portante di ogni cellula spaziale è composta da un reticolo di elementi in acciaio di dimensioni pari a 9,5m x 18,5m attorno alla quale viene costruito ogni modulo. L’acciaio impiegato, ad elevata duttilità, è tale da resistere alle basse temperature senza correre il rischio di rotture fragili.
I telai spaziali, grazie all’aggiunta di opportuni controventi, hanno la rigidezza necessaria per resistere alle intense raffiche di vento o addirittura per portare a terra tutto il carico nell’eventualità che variazioni di livello della neve dovessero compromettere fino a metà dei sostegni idraulici (questi ultimi di diametro pari a 460mm).
La struttura è completata con una serie di pannelli compositi in acciaio e legno, che ne definiscono gli elementi di chiusura orizzontale, e da una serie di pannelli in fibra di vetro che ne completano l’involucro.

SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE

L’attenzione per l’ambiente, specialmente quando si tratta di condizioni estreme e delicate come quelle antartiche, è di fondamentale importanza in un’opera come quella della stazione di ricerca scientifica Halley VI.
Tutto questo risulta evidente sin dalle prime idee progettuali, passando per la scelta dei materiali fino all’impiego di opportune tecniche di montaggio, in modo da minimizzare le risorse necessarie sia nelle fasi realizzative che di gestione della struttura.
La stessa concezione modulare del sistema, infatti, ha consentito di ottenere benefici in termini di flessibilità, facilità di costruzione, manutenzione e, se necessario, trasferimento.
In caso di peggioramento delle condizioni ambientali (sia che si tratti di peggioramenti climatici che di rotture della piattaforma di ghiaccio su cui insiste la stazione) è così possibile spostare in un luogo più sicuro l’intera Halley VI, un modulo alla volta, senza la necessità di smontare alcunché o senza correre il rischio di dover abbandonare l’intero centro di ricerca a un destino di “morte” certa.
Lo stesso complesso non è ancorato sul ghiaccio, ma vi è semplicemente adagiato tramite gli enormi sci di cui è fornito. In questo modo, per come ribadito dagli stessi progettisti, si comporterà più da visitatore che da residente dell’Antartide.
L’impiego di un sistema costruttivo a secco, come quello consentito dall’impiego di una struttura portante in acciaio, ha inoltre permesso di annullare ogni residuo o scarto legato alle operazioni di cantiere.
La Halley VI è stata praticamente montata come se si trattasse di una enorme macchina di cui era possibile controllare a priori le prestazioni in fase di esercizio.
Considerando, inoltre, le temperature antartiche, era necessario minimizzare le eventuali infiltrazioni d’aria all’interno della stazione di ricerca. Tale risultato è stato ottenuto massimizzando le dimensioni dei pannelli in fibra di vetro che ne costituiscono l’involucro.
Tali elementi arrivano a misurare 3,5m x 10,4m, con uno spessore di 210-220mm, limitando così il numero di giunti tra un pannello e l’altro.
Gli elevatissimi valori di coibenza termica, insieme a 30 minuti di resistenza al fuoco, sono stati garantiti dall’impiego di 190mm di schiuma PIR (poliisocianurato espanso rigido) al loro interno.
Gli elementi vetrati sono stati progettati per minimizzare le dispersioni termiche: un sistema di tripli vetri riflettenti e basso emissivi (U=0.6 W/m2K) è stato riempito con nanogel, un materiale isolante e traslucente di nuova concezione. Lo strato riflettente ha così consentito di ridurre il rischio di abbagliamento, pur garantendo una trasmissione luminosa del 38%.

Cantiere & Disegni: