12 container house

Architetto ed artista con studio nel New Jersey, Adam Kalkin ha visto i propri lavori esposti a New York, Stoccolma, Amsterdam e Utrecht. Affascinato da tutto ciò che è considerato materiale di scarto, nelle sue opere ama riutilizzare oggetti provenienti dal settore industriale, destinati altrimenti al rifiuto, per trasformarli in architettura. Tra le sue sperimentazioni, sono apprezzate a livello internazionale le realizzazioni che vedono trasformare i container marittimi in abitazioni, che assumono connotazioni innovative proprio per la loro rivisitazione della tipologia edilizia residenziale.

Con grande sensibilità e stile, Adam Kalkin riesce a partire da materiali e oggetti grezzi, industriali e freddi, per giungere a realizzazioni in cui questi oggetti avulsi da un contesto abitativo vengono addomesticati e resi amichevoli, familiari.

Tra i suoi progetti più conosciuti emerge la “12 Container House”. Si tratta di una abitazione a due piani situata a Brooklin, nel Maine, ed è stata realizzata sovrapponendo e affiancando tra di loro dodici container marittimi da 20 piedi (pari ad una lunghezza di circa 6 metri) all’interno di una struttura più ampia, per dare vita a una pianta rettangolare con due ali.

Le facciate di est ed ovest sono caratterizzate da enormi vetrate a tutta altezza, dalle quali è possibile percepire la disposizione interna degli ambienti. Al piano terra si trovano la cucina, una biblioteca, un bagno, uno studio, una sala per i giochi e una stanza degli ospiti. Lo snodo principale di questi ambienti è costituito da una grande hall aperta, con pavimento radiante in calcestruzzo. Al piano di sopra vi sono tre camere da letto, un altro studio e due bagni. Il collegamento col piano terra avviene tramite due scale in acciaio e legno, simmetriche rispetto all’asse longitudinale della casa.

Con una superficie totale di circa 370 mq e un costo di costruzione di 1350$/mq, ben al di sotto di quanto necessario per una nuova casa negli Stati Uniti, questo progetto dimostra che è possibile realizzare, grazie ai container, una residenza senza rinunciare a nulla.

STRUTTURA PORTANTE

La struttura portante principale è quasi interamente costituita dai container, sui quali si appoggiano sia la copertura che, indirettamente, le ampie vetrate. Tutto ciò è possibile grazie alla resistenza intrinseca di un container marittimo. La sua struttura a parallelepipedo, infatti, vede la superficie costituita da lamiera grecata in acciaio, con degli irrigidimenti posizionati sui piani costituenti la pavimentazione e lungo le rette di intersezione tra le differenti superfici laterali. Grazie a queste caratteristiche sono così capaci di resistere a carichi elevati, anche quando sono impilati l’uno sull’altro. Se vuoti, inoltre, possono essere sovrapposti in un numero massimo di 12 unità.

SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE

Le caratteristiche di sostenibilità ambientale di questo progetto, differentemente da uno convenzionale, non risiedono unicamente nelle modalità con le quali sono stati risolti problemi di isolamento termico o di gestione energetica. Quello che contraddistingue quest’opera è, infatti, l’aver utilizzato un container come materiale da costruzione, come un mattone dalle mille possibilità aggregative.
Le banchine portuali delle città più importanti sono infatti piene di container vuoti, in quanto è maggiore il flusso di questi dall’Asia verso il resto del mondo che non viceversa. Così, nel momento in cui un container viene riutilizzato per altri scopi, ridandogli nuova vita, si ottiene un duplice scopo: da un lato si impedisce l’accumulo di materiali di scarto (il container, appunto), dall’altro si evita di dover reperire ulteriori materie prime per gli scopi a cui il container viene ora destinato.
Il concetto è noto con il nome di “upcycling”, termine coniato da William McDonough e da Michael Braungart nel libro “Cradle to Cradle”, dove ci si riferisce al riuso di materiali di scarto che, provenendo da un determinato processo, vengono dirottati verso un processo differente.
Naturalmente, realizzare una residenza utilizzando un oggetto inizialmente destinato ad altri scopi, è una operazione non priva di rischi, almeno dal punto di vista progettuale. Spesso, quando si pensa a un container impiegato per contesti abitativi, ritornano alla mente le immagini di baraccopoli costituite dall’accumulo di questi prodotti industriali in seguito a calamità naturali. Pensati per essere utilizzati per un ridotto lasso di tempo, diventano permanenti al pari di una abitazione tradizionale. L’errore è, principalmente, duplice: da un lato c’è una errata politica di gestione del transitorio in seguito a eventi eccezionali; dall’altro, non meno importante, c’è un errore di tipo progettuale, in quanto ci si ostina a trattare un container, adibito a scopi abitativi, con gli stessi criteri con i quali si pensano le residenze tradizionali.
Il motivo per cui, invece, progetti come quello della “12 Container House” attirano positivamente l’attenzione, è proprio legato alla capacità, da parte dell’architetto, di affrontare il tema della residenza in un modo originale, proprio come inusuale è il materiale di base impiegato per questo scopo.